lunedì 13 novembre 2023

Acconto novembre 2023: le novità

Il DL 145/2023 ha previsto il differimento della scadenza degli acconti di imposta dal 30 novembre 2023 al 16 gennaio 2024 per le persone fisiche titolari di partita IVA con ricavi o compensi nell'anno 2022 fino a 170.000 euro, introducendo anche la possibilità di rateizzare il versamento di gennaio.


Chi NON può differire il versamento

  1. le società, gli enti commerciali e non commerciali;
  2. le persone fisiche senza partita IVA, inclusi i soci di società di persone e i collaboratori delle imprese familiari;
  3. le persone fisiche titolari di partita IVA che nel 2022 hanno dichiarato ricavi o compensi superiori a 170.000 euro.

I tributi oggetto di differimento


Il differimento riguarda solo gli acconti delle imposte sui redditi (IRPEF, imposta dei contribuenti in regime forfetario, cedolare secca, IVIE, IVAFE). Il soggetto in possesso dei requisiti per il differimento può rinviare a gennaio tutte le imposte, anche quelle non connesse con la partita IVA e anche nel caso in cui non debba versare acconti connessi con la partita IVA.

Esempio: un professionista in regime ordinario con incassi inferiori ai 170.000 euro può differire il versamento dell'acconto della cedolare secca in relazione ad un immobile dato in affitto anche se non deve versare l'acconto IRPEF per effetto delle ritenute che subisce sugli incassi professionali.


I versamenti che restano a novembre


Anche per le persone fisiche titolari di partita IVA con ricavi o compensi del 2022 fino a 170.000 euro resta fissata al 30 novembre la scadenza per il versamento degli acconti INPS e degli altri contributi previdenziali.

E' dubbio se il differimento
  • si possa applicare anche agli acconti di ammontare non superiore a 103 euro, 
  • possa essere fruito dai soggetti titolari di partita IVA con ricavi a zero

Per gli acconti inferiori ai 103 euro il versamento avviene in rata unica a novembre, invece che nelle due rate di giugno / novembre. Considerando l'importo eseguo e l'assenza di chiarimenti AdE è consigliabile non differirne il versamento a gennaio.

Anche nel caso di titolari di partita IVA che non abbiano avuto incassi nel 2022, in assenza di chiarimenti AdE, è consigliabile il versamento a novembre non essendovi evidenza di attività di lavoro autonomo svolta nel 2022.


La rateazione


Il versamento differibile al 16 gennaio può essere rateizzato su un massimo di 5 rate mensili consecutive e di pari importo, con scadenza il giorno 16 di ogni mese. Sulle rate successive alla prima sono dovuti gli interessi al tasso del 4% annuo, da rapportare ai giorni di dilazione.

Esempio: nel caso di un acconto di 3.000 euro suddiviso su 3 rate di 1.000 euro ciascuna con scadenza il 16.1, 16.2 e 18.3 (il 16.3.2024 cade di sabato) sono dovuti gli interessi di 3,50 euro per la rata di febbraio e 6,89 euro per la rata di marzo.


    giovedì 9 novembre 2023

    La cedolare secca sugli affitti brevi - novità 2024

    La Finanziaria 2024 prevede l'aumento della cedolare secca sugli affitti brevi al 26% quando viene locato più di un immobile. Il testo dell'art. 18 del disegno di legge non è però dei più felici in quanto, prevedendo che «L’aliquota di cui al primo periodo è innalzata al 26 per cento in caso di destinazione alla locazione breve di più di un appartamento per ciascun periodo d'imposta», non permette di capire se a seguito dell'affitto del secondo immobile scatta l'aumento dell'aliquota anche per il primo.


    Base imponibile e aliquote IRPEF

    Dovendo valutare la convenienza della cedolare al 26% con l'IRPEF ordinaria, occorre considerare sia la determinazione della base imponibile che le aliquote IRPEF.

    La base imponibile è il 95% del canone nel caso dell'IRPEF e il 100% nel caso della cedolare.

    Considerando che le aliquote IRPEF 2024 saranno:

    • fino a 28 mila euro, il 23%;
    • oltre 28 mila e fino a 50 mila euro, il 35%;
    • oltre 50 mila euro, il 43%

    rapportandole al 95% del canone di locazione avremo una tassazione effettiva IRPEF, in funzione del reddito complessivo del dichiarante, che sarà la seguente:

    • fino a 28 mila euro, il 21,85%;
    • oltre 28 mila e fino a 50 mila euro, il 33,25%;
    • oltre 50 mila euro, il 40,85%

    cui vanno aggiunte le addizionali regionale e comunale (che nei casi più cari hanno aliquote, rispettivamente, del 3% e dello 0,8%) e applicate le detrazioni per oneri (che possono assumere cifre rilevanti nel caso di interventi di recupero edilizio).

    La prima considerazione è che, se il locatore possiede altri redditi (es. lavoro dipendente o autonomo) per almeno 28 mila euro, la cedolare secca è sempre ampiamente conveniente.

    Inoltre, dato che nel caso degli affitti brevi l'opzione si esercita direttamente in dichiarazione dei redditi, non essendo prevista la registrazione del contratto, si può tranquillamente effettuare la scelta a consuntivo sulla base di quanto effettivamente incassato nell'anno prima e sulla capienza degli altri redditi per fruire integralmente delle detrazioni.


    Affitti brevi o "4+4"?

    L'altro elemento da considerare è se sia più conveniente l'affitto ordinario oppure gli affitti brevi. In questo caso è necessario fare riferimento ai prezzi di mercato della città e della zona dove è situato l'immobile, nonché al numero di giorni di occupazione nel caso di affitti brevi. Nel caso di affitti brevi vanno inoltre considerati i costi di manutenzione dell'immobile, le pulizie, le commissioni di portali o agenzie e le manutenzioni. Tutte spese che, nel regime "4+4" o non ci sono oppure sono a carico dell'inquilino.

    Secondo i dati di mercato, però, il confronto tra le entrate nei due casi è spesso impietoso: ad esempio un bilocale di 70 metri quadri in zona semicentrale a Roma permette di ricavare un affitto di poco inferiore ai 20 mila euro annui; lo stesso immobile con un tasso di occupazione dell'80%, nel caso di affitti brevi porta incassi che vanno oltre i 50 mila euro!


    sabato 4 novembre 2023

    Concordato preventivo fiscale tra luci e ombre

    Una delle novità contenute nella legge di bilancio per il 2024 è il concordato preventivo fiscale per le partite IVA.

    Nelle intenzioni del legislatore, l'obiettivo è quello di permettere ai contribuenti di definire a priori l'importo sul quale verseranno imposte sul reddito e contributi previdenziali per i due anni successivi, concedendo in cambio l'eliminazione degli accertamenti basati su presunzioni e della determinazione sintetica dl reddito sulla base del tenore di vita, tempi più brevi per la prescrizione dell'accertamento e ampliamento della possibilità di compensare i crediti fiscali.

    Per contro, dal punto di vista del contribuente si tratta di una scommessa sul futuro: se i redditi conseguiti sono superiori a quelli stimati dall'AdE, il reddito eccedente è escluso da tassazione mentre, se il reddito effettivo è inferiore al presunto, si versano imposte anche su quanto non guadagnato. A questo si aggiunge che il concordato preventivo fiscale non esonera dagli obblighi contabili e dichiarativi e non si applica all'IVA (essendo un'imposta di competenza UE), per cui non vi è alcuna semplificazione sugli adempimenti. Inoltre, plus e minusvalenze rimangono estranee all'accordo e continuano a rilevare per l'importo effettivo, con le minusvalenze che non azzerano mai l'imponibile, essendo comunque previsto un reddito minimo tassato di 2 mila euro.

    Anche sui tempi - se non vengono recepite le modifiche richieste dal Consiglio nazionale dei Dottori commercialisti - c'è da ridire: il fisco comunica il reddito presunto il 25 giugno e il contribuente ha tempo solo fino al 30 giugno per accettare o rifiutare la proposta. Cinque giorni per prendere o lasciare, sabato e domenica inclusi.