martedì 12 febbraio 2013

Professionisti e B2B

Mi è stato appena chiesto: "ma quali sono le sanzioni se non indico che sono un professionista non organizzato"?

La tentazione di rispondere "quelle previste dal Codice del consumo" è stata forte. Però, prima di rispondere, ho preferito dare un'occhiata al Decreto Legislativo 6 settembre 2005, n. 206. E la sorpresa c'è stata.

L'articolo 1 stabilisce che, nel rispetto di una serie di norme, "il presente codice armonizza e riordina le normative concernenti i processi dì acquisto e consumo, al fine di assicurare un elevato livello di tutela dei consumatori e degli utenti."

Giusto, ma chi sono consumatori e utenti? La risposta si trova poche righe dopo, all'articolo 3: "Ai fini del presente codice si intende per consumatore o utente: la persona fisica che agisce per scopi estranei all'attività imprenditoriale o professionale eventualmente svolta".

Sembra quindi che non vi siano sanzioni per i professionisti non organizzati che operano nel mondo business-to-business ("B2B"), cioè che effettuano consulenze a favore di altri professionisti o di imprese, dal momento che a tale rapporto non si applica il Codice del consumo. Del resto, anche sul sito di Apple Italia appare il testo della Garanzia legale del venditore dove si afferma che la garanzia legale di due anni si applica solo ai privati consumatori; chi acquista con partita IVA è un' impresa o un professionista ed ha solo un anno di garanzia (il Mac portatile su cui sto scrivendo questo commento mi fa notare che è del 2009 e non ha un problema, anche se quando vado in bicicletta me lo porto nello zaino)

Non spetta a noi commentare l'utilità della nuova norma sulle professioni, però sarebbe forse stato meglio limitarsi a dare valore legale di "organismi di attestazione della qualità" alle associazioni di categoria che effettuano la vigilanza sui propri iscritti.

venerdì 8 febbraio 2013

Professionisti "non organizzati"

Lunedì 11 febbraio entra in vigore la legge 14 gennaio 2013 n. 4 intitolata "Disposizioni in materia di professioni non organizzate". Le professioni non organizzate sono tutte quelle professioni quali traduttori, interpreti, consulenti informatici, disegnatori, fotografi, amministratori di condominio, consulenti finanziari e assicurativi, per le quali non esiste un ordine o un albo professionale.

Anche se non cambia niente nel modo di svolgere la professione, dal momento che la legge conferma che "l'esercizio della professione è libero" occorre indicare "in ogni documento e rapporto scritto con il cliente" il riferimento alla disciplina applicabile e agli estremi della legge. Insomma, dopo che per anni si è parlato di soppressione degli ordini professionali (forse qualcuno ricorda ancora le discussioni che hanno preceduto l'emanazione del Decreto Bersani del 2007, poi limitatosi all'abolizione delle tariffe professionali), siamo oggi arrivati alla conclusione opposta: è opportuno che esistano organi con il compito di vigilare sull'operato dei professionisti e sulla qualità della prestazione svolta. Anche senza arrivare all'art. 33 della Costituzione, che prevede l'esame di Stato per l'abilitazione all'esercizio delle professioni organizzate.

Al momento sembra essere soprattutto una questione di modifica della carta intestata e del gruppo firma nella mail, con l'inserimento della dicitura richiesta, però la norma contiene una futura evoluzione verso una sorta di "bollino di qualità" analogo a quello che è o dovrebbe essere la certificazione ISO per le attività industriali. Lo scopo di questo, leggendo i vari articoli della norma, appare quello di "tutelare i consumatori" e "garantire la trasparenza del mercato", scopo per il quale da anni si battono alcune associazioni di categoria, che già compiono una forma di controllo sulla professionalità dei propri iscritti, non molto dissimile dalla vigilanza disciplinare che gli Ordini professionali svolgono per legge.

Infine, bisogna ammettere che la dizione prevista dalla legge appare particolarmente brutta, chiedendo il riferimento espresso  agli estremi della legge 4/2013, con il rischio di dover scrivere cosa NON si è invece di cosa si è. In altre parole, il fotografo non potrà scrivere "Mario Rossi, fotografo" ma dovrà scrivere "Mario Rossi, professionista non organizzato ai sensi dell'art. 1 comma 2 legge 4/2013". Proprio adesso che in campo fiscale le prestazioni business-to-business rese a soggetti extra-UE sono diventate "operazioni non soggette", invece che "operazioni fuori campo IVA art. 7-ter DPR 633/1972"...

domenica 13 gennaio 2013

Numerazione delle fatture


Finalmente la risoluzione 1/E/2013 chiarisce cosa significa in una fattura il "numero progressivo che la identifichi in modo univoco" riportato al comma 2 dell'art. 21 DPR 633/1972.

Fino al 2004 la situazione era di tutto riposo: la formulazione dell'articolo 21 prevedeva che "la fattura deve essere datata e numerata in ordine progressivo". Solo i più pignoli potevano chiedersi cosa significasse "in ordine progressivo", ma a questo avevano posto rimedio alcune risoluzioni ministeriali già a partire dalla fine degli anni '80 (es. RM 600110 del 2.5.1989, che ammetteva la numerazione per serie multiple, ed RM 4/8/1998, che ammetteva codici alfanumerici nella numerazione). Però nulla vietava una progressività per trimestre o una progressività illimitata nel tempo.

Il D.Lgs. 52/2004 modifica la norma introducendo dopo "in ordine progressivo" le parole "per anno solare". La modifica non è particolarmente fastidiosa, anzi, di fatto conferma la prassi che veniva già adottata praticamente da tutte le aziende, quella di ricominciare ogni anno dalla "fattura n. 1".

Infine arriviamo alla legge 288/2012 dove, accanto alla dizione "numero progressivo" compaiono le parole "che la identifichi in modo univoco". Purtroppo non compare anche una definizione di come deve essere fatto un numero progressivo per identificare la fattura in questo "modo univoco" che la legge rende obbligatorio dal 1° gennaio 2013.

La circolare 1/E/2013, nel chiarire quali sono le modalità di numerazione che soddisfano il nuovo obbligo (v. archivio fiscale), spiega le motivazioni della modifica normativa: "La Commissione europea aveva, infatti, rilevato che la normativa italiana, imponendo ai soggetti passivi di ricominciare ogni anno una nuova serie di numeri sequenziali, introduceva un ulteriore adempimento a carico dei soggetti passivi non richiesto dall’articolo 226 della citata direttiva". Peccato che nella trascrizione dell'art. 226 della direttiva 2006/116/CE ("un numero sequenziale, con una o più serie, che identifichi la fattura in modo unico") il riferimento alle serie sia stato dimenticato, rendendo dubbio il fatto che si potesse continuare ad adottare una serie di numerazione che inizia da 1 ogni anno solare.